top of page

Un tuo gesto OGGI, SALVA

CASA

MAIA

e dona un ottOMarzo a chi non lo ha più

ore 21:40 il mistero della macchina da scrivere

capitolo XXIII

Riassunto dei link precedenti
Dopo la regressione ipnotica con Leonardo, Arianna torna a casa accompagnata da Francesco...

 

Seduti sul divano, sorseggiando una tisana, sembrava lei si fosse rilassata.
Francesco la guardava e avrebbe voluto cancellare quella paura che ancora traspariva dal viso di lei. 


Arianna provava di nuovo la strana sensazione della mattina, dopo lo scivolone di lui. “Alessandro”. Ma chi sei? Era attratta da lui, come non lo era mai stata da nessun altro. 


Francesco chiese: “Perché ha paura, e di chi?” 
Non ce la faceva più a tenere tutto dentro. Non gli disse niente dei maltrattamenti e dei ricoveri, ancora se ne vergognava. Si vergognava di non aver saputo reagire fin dall’inizio, si reputava una persona intelligente, che sapeva cogliere i vari segnali, li aveva riconosciuti tutti, ma sperava fino alla fine di essere in grado di gestire la situazione.

“C’è qualcuno che mi sta cercando, e non è una brava persona.”

“Lo denunci subito, immediatamente!”

“E’ appena uscito di prigione.”

“Non fa differenza. Se vuole chiamo io la polizia…”

“No, no… è che non sono sicura…“

“E’ spaventata e questo basta. Ne vuole parlare?”

“ Sono confusa… Ho ricevuto un messaggio.” Prese il telefonino e glielo fece vedere.

“E’ un numero sconosciuto.” Poi lesse il messaggio.

“Vede, sono preoccupata per questo messaggio... ma c’è dell’altro.” Si fermò.

“Cosa?”

“Ricorda la macchina da scrivere che ho trovato ieri in cantina?”

“Certo.”

“Mi dispiace, ma dopo che lei ha scritto quella frase… a proposito si è avverato anche quello, sono venuta a casa sua.” I suoi occhi si riempirono di lacrime, adesso ne era certa: quella maledetta macchina funzionava e forse aveva ucciso un uomo!

“Ho scritto qualcosa che riguarda lei… mi perdoni.”

“Di cosa?”

“L’ho fatta cadere…” Lui la guardò in silenzio. 
“Si, sono stata io, l’ho scritto… poi quando andò via dopo avermi riportato Cloe, mi hanno telefonato dal Commissariato. Mi avvertivano di stare attenta perché quell’uomo era uscito di galera. Non so perché l’ho fatto, non credevo a quel biglietto, forse per esorcizzare la paura… ho descritto una scena dove quel farabutto si andava a schiantare contro un muro. Se l’incantesimo della macchina è vero… ho ucciso un uomo.” 

Lui l’abbracciò, in quell’abbraccio c’era tutta la solidarietà che si dà nei momenti difficili e la voglia di aiutarla.

 

--- Fine ventitreesima parte

 

Capitolo successivo

 

menù dei capitoli

 

bottom of page