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capitolo VII

Ora Sara aveva una casa sua. Era un regalo del padre quando lei -lasciato il collegio- decise di non voler più vivere in famiglia.
Aveva pensato "Non hai voluto amarmi? Ok, allora prendo casa e soldi.Mi ripagheranno in qualche modo di quello che mi hai defraudato".

Il padre le aveva anche trovato un lavoro in uno studio di avvocati, suoi amici.
I soldi invece glieli aveva dati -insieme alla ramanzina- quando da quello studio si era licenziata: “Non sei capace di convivere con gli altri, di tenerti uno straccio di lavoro e bla bla bla…”
Le aveva trasferito del denaro sul suo conto, in attesa di “sapere cosa volesse fare da grande”, come le ricorda con tono di rimprovero.
Ma nessuno le chiese perché volle andar via da quel posto di lavoro.

In quello studio aveva ritrovato Walter, anche lui faceva pratica. Lui le aveva chiesto scusa per quello che era successo da ragazzi e lei, un po’ reticente, le aveva accettate. Lui si mostrò gentile ed educato… fino alla sera in cui rimasero soli nello studio. Lei spense il computer e prese la borsa per andare via.

“Ciao.”

“Ciao Walter, anche tu ancora qui.”

“Siamo soli. Ho le chiavi, chiuderò io.”

“Ah ok, buona serata allora.”
Lui la fermò prendendole il braccio.

“Rimani ancora un po’. Finisco anch’io e se ti va ceniamo insieme.”

“No-no, grazie.” Si liberò. Ma lui la prese tra le braccia cercando di baciarla. Lei lo allontanò.

“Smettila Walter!”

“Sempre la solita santarellina!” La strinse forte,  quasi con violenza, intanto le baciava il collo e risaliva e cercandole la bocca.
Ebbe di nuovo quella disgustosa sensazione. Sara nel tentativo di liberarsi urtò un grosso posacenere di legno intarsiato, che cadde a terra con un tonfo. Peccato! Te l’avrei sbattuto in faccia volentieri! Lottarono ancora, persero l’equilibrio e lei battè la testa sul pavimento. Perse i sensi per qualche secondo.

Si risvegliò a causa di un forte dolore tra le cosce, si sentì spaccare in due. Urlando aprì gli occhi e... si ritrovò il viso di Walter che ansimava a contatto del suo.

“Sei una puttana lesbica…” le sussurrò con disprezzo.
Terrore …disgusto per l’odore che pregnava  tutto intorno… lui si abbassò sulla sua bocca per baciarla e lei girò il capo da una parte, fu lì che rivide il posacenere finito in terra. Lo afferrò e colpì Walter in pieno viso. Lui urlò portandosi le mani al naso che si tinsero immediatamente di rosso. Si alzò  cercando di arginare il sangue che gli usciva dal naso rotto.  

Lei intanto tremava. Voleva abbandonarsi al pianto, ma si trattenne.

“Finirò quello che ho cominciato con te, brutta troia lesbica!” Le disse lui seduto per terra, tentando ancora di alzarsi tenendosi il naso, ma era ostacolato dai pantaloni arrotolati fin sulle caviglie.

“Tu provaci e sarà l’ultima scopata della tua vita!”
Si sentì piena di coraggio. Gli assestò prima un calcio sul fianco che lo fece rotolare per terra seminudo, poi lo colpì ancora, questa volta tra le gambe. Lui urlò bestemmiando.

Ecco! Così non potrai corrermi dietro.

Sara però aveva un dolore bruciante tra le gambe, si guardò: cosce, gonna e pavimento sporchi di sangue. Malgrado le lacrime cercò di sistemarsi, prese la borsa e corse via.

Guidò con la mente vuota come fosse un automa, non voleva pensare. Parcheggiò nel suo giardino e chiuse il cancello automatico. Scendendo dalla macchina, vide il sedile macchiato di sangue. In bagno si spogliò, si infilò subito nella doccia... e qui, da sola, s'abbandonò al dolore. Piangeva e si strofinava ogni parte del corpo. Le sembrò di rivivere quel giorno al collegio.
Uscita dalla doccia si lavò i denti, ma sentiva ancora quell’odore… rivoltante. In camera, aprì il cassetto per prendere le mutandine e si vide nello specchio, le gambe erano di nuovo sporche. Singhiozzando si sistemò un assorbente, si vestì e andò al pronto soccorso.
Le dissero che aveva un imene spesso e che a volte può succedere, la medicarono e le diedero degli antiemorragici. Mentre usciva dal pronto soccorso, incrociò Walter che era lì per il naso rotto.

Lo oltrepassò ma lui le disse sottovoce:
“Mi hai rotto il naso, troia lesbica. Te ne pentirai.”

“Avvicinati di nuovo e vediamo chi se ne pente. Guarda che so fare di meglio!”



Tra tutti quei ricordi, finalmente si addormentò.



 

Fine del settimo post. Prossimo post alle 15:00

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