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capitolo V

Sara si fermò. Ok per oggi può bastare. Devo decidere in quale epoca catapultare Giuditta. Preistoria? Era post-atomica?
Intanto guardò l’orologio, erano le 19,30.

Preparerò la cena e poi a letto, pensò.


La notte prima non aveva chiuso occhio ed ora era stanchissima. Dopo aver cenato si fece una doccia e di corsa a letto, sperando di dormire almeno un po’...
E invece niente. Il suo corpo chiedeva riposo, ma la mente la portò a frugare nel romanzo che stava scrivendo.

Giuditta... la bella vedova israelita che uccise il generale assiro Oloferne, per liberare la città di Betulia dall'assedio. Ricordava ancora il dipinto di Artemisia Gentileschi conservato agli Uffizi di Firenze. Una tela cruda, drammatica e violenta. Secondo gli studiosi, simboleggia il desiderio di rivalsa femminile contro il maschio stupratore (la pittrice stessa venne stuprata da un amico del padre).

Si concentrò su ogni dettaglio della scena. Il candore del lenzuolo su cui scompostamente giace Oloferne. Il sangue di lui, zampillante. Giuditta che lo uccide con forza e fierezza. Ad ulteriore disprezzo, lei si discosta giusto quel tanto che basta a non macchiarsi l'elegante veste che ha indosso. La sua ancella -che nella narrazione biblica rimase fuori- qui con fredda naturalezza partecipa, immobilizzando e schienando l’uomo mentre viene ucciso.

Eh... magari lo avessi io il coraggio di Giuditta. Lei prima ammalia e poi decapita l’usurpatore.
Anche Sara meditava la sua vendetta verso gli uomini.

Si girò su un fianco, non trovando una posizione che la facesse addormentare.
Squillò il telefono. La radiosveglia sul comodino accanto a lei, segnava le 22,38.


“Pronto?”

“Ciao Sara.” fece la voce al telefono.

“Ciao …cosa vuoi?” Chiese lei in tono scocciato.

“Sono tuo fratello, non posso chiamarti?”

Silenzio.
“Si, va bene. Cosa c’è… ero a letto e ho sonno.”

“Sono giorni che ti chiamo e tu non mi rispondi. Papà ha avuto un infarto”.

“Si? E perché vieni a dirlo a me?”

“E’ anche tuo padre.”

“Mi piace pensare che la mamma gli abbia fatto le corna! Oppure che mi abbiano scambiata in ospedale.”

“Sara… ha chiesto di te.”

“Digli che non mi hai trovato… anzi che ho cambiato città.”
Riattaccò, ma dopo un secondo il telefono squillò di nuovo.

“Ascolta non mi importa nie…”

“Sara vogliamo smetterla?”

“Senti… voglio solo essere lasciata in pace.”

“Siamo la tua famiglia…”

“Mmm… no, non mi pare. Voi siete cresciuti a casa, io in un collegio.”

“ … vengo a casa tua per parl…”

“No.”

“Papà sta male, è in terapia intensiva…”

“Non mi interessa…”

Lui continuò “…c’è nostro fratello con lui…”

“Tuo fratello…”

“…con la mia fidanzata. Vorrei venissi anche tu …lei ti vuole conoscere, ci sposeremo tra non molto. Vogliamo ricominciare da qui?”

“No.”
Riattaccò il telefono e stavolta lo spense.

Si rimise a letto ripensando alla sua infanzia.



 

Fine del quinto post. Prossimo post alle 13:00

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