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capitolo XI

Stava preparandosi anche lei quando qualcuno bussò alla porta. Era il fratello di Artemisia.

“Ciao Jacopo!”

“Buongiorno.” Le rispose lui impacciato. Poi lesto, le porse un libro.

“Cos’è?” Chiese prendendolo.

“Mi insegni a leggere?”

Lo guardò intenerita.

“Ho visto che leggi quel libro che hai nella tua borsa e…”

“Va bene, fai vedere.” Lo fece entrare e si sedette sul letto.

“Wow!!! Questa è la Vetus Latina. Solo nel 1471 Nicolò Malermi la tradusse in italiano…” Si interruppe.

Jacopo esclamò: “1471?”

"Lascia stare. Sì, ti insegnerò!”

La cerimonia si svolse come nella tradizione del tempo. In chiesa lo scambio degli anelli, il velo a coprire tutti e due gli sposi, la preghiera al cimitero, e poi il pranzo che si protrasse fino a notte. La mamma di Artemisia prese felicemente parte al matrimonio della figlia. Stava già benissimo dopo un quarto d’ora, ma il suo sguardo indagatore non abbandonò Sara neanche un istante. Anche il fratello di Artemisia la seguiva, ma con sguardo innamorato. A tavola le si sedette accanto.

“Davvero mi insegnerai a leggere?”

“Si, ma useremo il mio libro, che è scritto in italiano.”

“Cos’ha il mio che non va?”

“E’ scritto in latino… Piuttosto, come hai avuto quella copia della Bibbia?”

“L’ho rubata al parroco.”

“Cosa? Ma non si fa… devi restituirgliela.”

“Solo dopo che avrò imparato a leggere.” Lui la guardò intensamente negli occhi.

“Sei bella…” Fu un complimento pulito e sincero che la intenerì.
Ironia della sorte: c’è un uomo per bene che non mi vede solo come una bambola per far sesso e non è della mia epoca. Anzi... è solo in un sogno!


Al banchetto il feudatario sedeva accanto ad Artemisia e la guardava sfacciatamente.
Lei, nascostamente a fine cena, versò il sonnifero insieme al vino nel calice. Questi, dopo averne bevuto, fece cenno alla ragazza di seguirlo. Sara si alzò insieme a loro con la scusa che avrebbe aiutato Artemisia a prepararsi.

L'uomo fece gli ultimi scalini con grande difficoltà. Le due giovani donne lo sostennero e poi, con un tonfo, lo lasciarono cadere sul letto.

“Presto… tu va via, ci penso io qui.” La ragazza uscì di corsa dalla stanza. Sara spogliò l'uomo, mentre lui a tratti apriva gli occhi per poi richiuderli subito.
Era ormai rimasto in mutandoni.
Glieli devo sfilare! Un puzzo nauseabondo la raggiunse e le venne da vomitare. Sono contenta di essere nata in una epoca in cui esistono bagnoschiuma e shampoo.
Si sentì afferrare per un braccio e scaraventare sul letto.
E no, cribbio! Pure nei sogni! Fece per liberarsi ma nell’impeto si girò troppo velocemente e sbattè il viso sulla testata del letto in legno massiccio. Un dolore atroce, con i denti si era ferita il labbro che adesso sanguinava. Intanto lui russava alla grande.
Sara con la mano si teneva il labbro mentre attraversava di corsa la stanza verso la porta. Un attimo… si guardò la mano insanguinata e torno indietro, scoprì il letto e si pulì la mano sul lenzuolo. “Così sarà più credibile.” Guardò di nuovo l’uomo che russava forte e silenziosa, uscì dalla camera.


 

Fine dell'undicesimo post. Prossimo post alle 18:30

Non restare indifferente. L'indifferenza uccide.

PARLANE SEMPRE, TACI UN'ORA SOLTANTO

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